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I lavori per il nuovo ponte e la bomba recuperata: perché non è stata fatta una bonifica preventiva?

I lavori per il nuovo ponte e la bomba recuperata: perché non è stata fatta una bonifica preventiva?

E’ prevista dalla Legge 177 del 2012. Non sarebbe stato necessario fare grandi studi per individuare il fiume Misa come area sensibile: a Senigallia ci sono lapidi e testimonianze precisissime su tanti bombardamenti avvenuti

di LEONARDO BADIOLI

SENIGALLIA – La mattina di venerdì 16 ottobre scorso, durante gli scavi per la messa in opera del nuovo ponte sul fiume Misa, viene rinvenuto un ordigno bellico di notevoli dimensioni.  Il comunicato diffuso agli organi di informazione spiega che “al fine di bonificare l’area e ripristinare le condizioni di massima sicurezza”, gli artificieri del Genio Ferrovieri di Bologna hanno proceduto alla rimozione del residuato. Tutto a posto, dunque. Tre giorni dopo, però, il Corriere Adriatico titolava: “Ponte 2 Giugno. Paura di altre bombe. Una bonifica per far ripartire i lavori”, pur senza trascurare che “per l’autorità di pubblica sicurezza, una volta rimosso l’ordigno, non c’è motivo per cui i lavori non possano riprendere”. Difficile insomma capire quanto si dovrà aspettare.

Ora, non c’è dubbio che il rinvenimento di una bomba sia un fatto in gran parte casuale. Eppure la legislazione italiana, particolarmente in tempi recenti, si è espressa sulla necessità di individuare preventivamente le aree soggette a rischio della presenza di ordigni bellici inesplosi: non solo per scongiurare i pericoli connessi per la popolazione circostante e in modo specifico per chi ci sta lavorando, ma anche per ridurre il contenzioso sui ritardi che un rinvenimento potrebbe costare in termini di fermo-cantiere.

Una possibile mappatura, se non è riuscibile in altro modo, si vale di “schemi ragionevolmente verosimili, su aree macroscopicamente individuabili che riguardano – tra le altre cose – zone che siano state teatro di operazioni belliche storicamente accertate”; “zone che siano state soggette a bombardamenti”; “zone in prossimità di aree sensibili – tra queste – i ponti”.

Non per nulla la Legge 177 del 2012 parla appunto di “bonifica preventiva”, e pone in testa al coordinatore per la progettazione “la valutazione del rischio dovuto alla presenza di ordigni bellici inesplosi rinvenibili durante le attività di scavo nei cantieri”: “Quando il coordinatore per la progettazione intenda procedere alla bonifica preventiva del sito nel quale è collocato il cantiere,  il committente provvede a incaricare un’impresa specializzata”.

Come mai il coordinatore committente non ha ritenuto necessario o almeno opportuno valersi di questa disposizione? Non sarebbe stato necessario fare grandi studi per individuare il fiume Misa come area sensibile: ci sono lapidi e testimonianze precisissime su tanti bombardamenti avvenuti.

Non parlo di quello del 1799, ma di quello del 4 novembre 1915 che entrambi scheggiarono un pilastro dei Portici Ercolani; e soprattutto della lapide che sta a fianco della gelateria Choco-Ice al Foro Annonario. Si sarebbe facilmente evitato il fermo dei lavori e prevedibili costi aggiuntivi. Bastava alzare gli occhi.

 

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