“Lo sport non può essere un formidabile strumento educativo e di crescita solo quando fa comodo”
“Lo sport non può essere un formidabile strumento educativo e di crescita solo quando fa comodo”
Dopo le polemiche sull’aumento dei costi delle palestre comunali e l’intervento dell’assessore Riccardo Pizzi pubblichiamo una personale riflessione di Roberto Paradisi, direttore tecnico della Pallavolo Senigallia
SENIGALLIA – La polemica sull’aumento, a Senigallia, dei costi per l’utilizzo delle palestre comunali non si placa. Soprattutto dopo l’intervento del vice sindaco e assessore allo Sport, avvocato Riccardo Pizzi, che oltre a difendere la decisione, ha pesantemente criticato le società sportive che hanno preso posizione contro il provvedimento della nuova Amministrazione comunale.
E questa mattina, sui social, troviamo così una personalissima riflessione dell’avvocato Roberto Paradisi, direttore tecnico della Pallavolo Senigallia, società chiamata in causa nell’intervento dell’assessore allo Sport.
“FIGLI DI UN DIO MINORE”, scrive Paradisi all’inizio della sua riflessione.
E poi prosegue: “È partita la crociata dell’assessore ragioniere dello sport contro le famiglie dei ragazzi che praticano lo sport agonistico. Sembra surreale ma cosi è. L’accusa, neanche troppo velata, è quella di essere “parassiti” che utilizzano impianti comunali senza contribuire a risarcire le casse comunali dei costi sostenuti.
“Come se fare sport (quello stesso, e non un altro, che l’assessore definisce quando inaugura in passerella manifestazioni sportive “formidabile strumento educativo e di crescita”) potesse essere equiparato a fare benzina o pagare un parcheggio o prenotare uno spazio pubblico pubblicitario.
“Ma lo sport non è un “formidabile strumento educativo e di crescita”? I Comuni non hanno istituzionalmente il dovere di promuovere e favorire lo sport inteso anche quale diritto alla salute? Lo sport costa e costa tanto.
“Alle famiglie – scrive sempre, nella sua personale riflessione, l’avvocato Roberto Paradisi – si può chiedere un contributo ma al limite del sostenibile. Il resto lo devono fare le istituzioni. Come quando le Asur garantiscono sulla carta le visite medico sportive gratuite.
“Contrapporre le famiglie che portano i figli in palestra o nei campi di calcio alle famiglie che lasciano i figli a casa è eticamente inaccettabile. Chiedere, anche parzialmente, un risarcimento dei costi (costi peraltro surreali, perché nessuna palestra costa oltre 15 euro all’ora al Comune), significa considerare lo sport un vezzo evitabile.
“Un’Amministrazione comunale – aggiunge Roberto Paradisi – dovrebbe lavorare per portare i figli di ogni famiglia in palestra e non allontanare o punire con costi non sostenibili quei ragazzi considerati evidentemente “figli di un dio minore”. Lo sport dovrebbe essere indicato come un modello educativo dalle istituzioni: chi decide di non seguirlo e tenere i figli in strada o sul divano non si può lamentare se altri usufruiscono di un servizio pubblico essenziale che non può non essere sostenuto dal Comune.
“Aver dipinto le famiglie che mandano in palestra i figli come famiglie che scroccano un servizio – conclude Paradisi -, non è semplice esercizio retorico. È cosa miserevole”.
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