A Senigallia confronto politico difficile, anche Campanile polemizza con Bello
A Senigallia confronto politico difficile, anche Campanile polemizza con Bello
di GENNARO CAMPANILE*
SENIGALLIA – Ricoprendo un incarico importante le persone adottano solitamente due atteggiamenti diversi. C’è chi si identifica nell’istituzione ed orienta i propri comportamenti nella logica del “dovere”, mettendo se stesso in secondo piano ed utilizzando le prerogative che gli competono per mettere gli altri in condizioni di dare il meglio.
Per contro c’è chi identifica l’istituzione con se stesso e si nutre del “potere” di cui dispone, utilizzandolo a sua discrezione e ponendo se stesso sempre in primo piano. Ciò che decide è “buono” per definizione ed ogni voce contraria o di contestazione è considerata un attacco all’istituzione e non al proprio modo di fare.
In entrambi i casi i regolamenti applicati sono gli stessi come pure le prerogative ma ovviamente il risultato è completamente differente. A quale modello si ispiri il presidente Bello nell’esercitare il suo ruolo ognuno lo può valutare dalle convocazioni delle Commissioni, dalla Conferenza dei capigruppo, dal modo di condurre i lavori consiliari, dall’amore che dimostra per gli approfondimenti in sede consiliare, dal carico che si fa delle interpellanze, dal contenuto dei comunicati, dalla presenza o meno sui media.
Una ulteriore dimostrazione sta venendo dalle proposte di modifica del regolamento consiliare, una specie di carta costituzionale del Comune in cui si stabiliscono le regole del gioco e di funzionamento. Le modifiche proposte direttamente da Bello vanno in parte nella direzione di un ammodernamento necessario ma contemporaneamente anche di un notevole rafforzamento del ruolo del Presidente che instaurerà una specie di diarchia di governance con il sindaco a discapito dei consiglieri di maggioranza e di minoranza. La riduzione delle Commissioni da 7 a 4 (lo Sport è sparito…non si sa a quale Commissione è attribuita la competenza), il depotenziamento delle interpellanze scritte, il maggiore peso del presidente nella gestione dei lavori delle Commissioni e del Consiglio stesso, la decadenza dei consiglieri (alla faccia del voto dei cittadini) ed altri particolari trasformano il Consiglio comunale in una specie di scolaresca degli anni ’60 con il maestro/a che rifila bacchettate, manda dietro la lavagna, fa mettere in ginocchio per punizione, siede dietro una scrivania così alta da essere irraggiungibile. Deliri di onnipotenza simili non si erano mai visti vista né si vedono in altre amministrazioni di centrodestra.
Quando la persona che occupa una posizione pone se stesso al centro dell’attenzione, accade spesso che si creino i supporter che vedono la realtà con gli occhiali dell’amore verso la figura del “capo”. Siccome al cuor non si comanda è impresa quasi impossibile far loro vedere come sono in realtà i colori naturali. Questi supporter tendono ad usare un linguaggio, anche scritto, esagerato ed esasperato rispetto alla circostanza, espressioni velleitarie più vicine ad ardori giovanili che alla serenità della maggiore età, a volte atteggiamenti nerboruti che mal si adattano alla flaccidezza muscolare reale. E, soprattutto, sono sempre più realisti del re.
E’ stato Natale, tempo di regali portati da Babbo Natale ma anche di collette benefiche. Chissà se grazie al primo, o ricorrendo alle seconde, sarà possibile disporre in Consiglio comunale di uno strumento (orologio od equivalente) che batta il tempo degli interventi e delle pause senza ricorrere ad un atto di fiducia verso il Presidente Bello, che funzioni il tabellone luminoso dove seguire l’esito delle votazioni non segrete, che i microfoni funzionino regolarmente…
E se Babbo Natale si fosse dimenticato di passare, se le collette fossero state boicottate dal covid, c’è sempre la Befana su cui sperare. Sempre che non abbia portato solo carbone.
*Consigliere comunale AmoSenigallia
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