“Il viaggio di tutti per andare oltre le barriere”
“Il viaggio di tutti per andare oltre le barriere”
L’esperienza di un percorso Pcto (ex Alternanza scuola lavoro) a Valencia di un ragazzo disabile del liceo Medi di Senigallia
SENIGALLIA – “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.” (Marcel Proust)
Uno sguardo diverso, un occhio che cambia, un tuffo nell’universo, un limite che varia, una paura che si dilegua. Cosa è viaggiare? È pensare di trovarsi dall’altra parte del mondo e accorgersi di esserci arrivati davvero.
“I nomadi lo sanno: le mappe non servono a orientarsi, ma a sognare il viaggio nei mesi che precedono il distacco,” dice Paolo Rumiz. Il filo sottile tra l’immaginazione e la realtà è fatto di una miriade infinita di emozioni, suggestioni, pensieri che a poco a poco scalfiscono la tua anima e disegnano un nuovo viaggio. Quello interiore. Eh si. Perché chi parte, non torna più come prima. Chi parte, sia per un breve o lungo tragitto, per un breve o lungo periodo, porta nel suo bagaglio tanto coraggio, forza di volontà e voglia di esserci, conoscere e imparare. Chi torna, torna diverso. Con qualcosa in più, nel modo di pensare, di capire, di stupirsi. Perché se mi soffermo a pensare, mi accorgo che il mio modus vivendi, quello che credevo essere l’unico possibile, infrangibile e percorribile, non è in realtà che una goccia tra le milioni di possibilità in questo oceano che è lo stare al mondo.
Ma è così per tutti? Viaggiare è davvero un’esperienza accessibile a tutti? Ci sono barriere mentali, quelle che dimorano in noi, e ti impediscono di prendere l’iniziativa per timore, paura di non farcela, o pigrizia. E poi ci sono le barriere fisiche, quelle concrete, quelle con cui devi combattere tutti i giorni, quelle con cui convivi da sempre. È il caso di Denis, studente del terzo anno del Liceo Linguistico Medi di Senigallia, che vive su una sedia a rotelle da quando è nato. A lui il coraggio non manca. Nemmeno quando gli si fa questa proposta: un viaggio a Valencia con la scuola, una esperienza di PCTO, ovvero il percorso che un termpo era chiamato Alternanza Scuola Lavoro, per una settimana.
Ora, per uno studente o una studentessa del Liceo Lingustico, questa è una proposta normale, il viaggio è l’anima dell’indirizzo di studi scelto, un percorso obbligato per chi vuole imparare le lingue. Tanto più dopo due anni di fermo a causa del Covid. Si anela tanto a quella trasognata normalità che è stata infranta e a cui non sappiamo più che contorni dare. Ma non per Denis. Per lui non sarebbe una proposta normale, figuriamoci durante una pandemia. Per lui che, per gli ostacoli che deve affrontare ogni giorno, di viaggi ne ha fatti veramente pochi. E così accade che appena gli insegnanti propongono questa opportunità, Denis non fa che parlare di Valencia. Tutti i giorni. Con la luce negli occhi e il sorriso sul volto. E sono proprio quella luce e quel sorriso che danno il coraggio agli stessi docenti di organizzare un’impresa che all’inizio sembrava impossibile.
Tanti ostacoli, troppi. Il primo è la famiglia di Denis, che è animata da preoccupazioni reali perché è l’unica che vive quotidianamente le fatiche tangibili del figlio. Fatiche fisiche, emotive, psicologiche. E ogni equilibrio messo in discussione spaventa. Ma loro ci credono, si fidano e ci provano. Dicono si. Si mette in moto allora una macchina organizzativa costante e faticosa fatta di riunioni, continui contatti con le agenzie e la compagnia aerea, aggiornamenti sulla situazione pandemica in atto. Ci sono impedimenti di ogni tipo: la carrozzina di Denis è elettrica e questo è un enorme vantaggio, perché lo rende autonomo negli spostamenti, ma non se devi affrontare un viaggio in aereo, perché per caricare quella carrozzina serve personale qualificato, allertato per tempo. L’hotel non deve essere troppo lontano dalla scuola perché lui, pur essendo autonomo, non può percorrere distanze eccessivamente lunghe per evitare che si stanchi.
Ma il viaggio è troppo allettante, il programma prevede corso di lingua con certificazione, tirocinio nelle aziende, visita alle Università e al museo Oceanografico oltre altre attrazioni turistiche nel cuore della city. Si va avanti nella progettazione, anche senza certezza di riuscire a portare a termine questo sogno, perché quando è giunto il momento di prenotare, a gennaio, i casi di contagio aumentano e le previsioni non promettono bene.
E se si rimane positivi prima della partenza? E se succede durante il soggiorno? Chi si prende la responsabilità di fare la quarantena a Valencia? Con i costi e rischi che ne seguono. Ancor più se si è un soggetto a rischio. Ma gli insegnanti hanno resistito, non hanno voluto vedere i problemi, ma solo l’opportunità. Opportunità per Denis, di vedere il mondo con gli occhi diversi, di credere che certe occasioni sono possibili anche a lui. Lui, che il mondo già lo vede con altri occhi, limpidi e puliti, perché è lui che insegna a noi adulti il coraggio, la tenacia e una grande grande gioia di vivere. Impegno e senso di responsabilità lo avevano già contraddistinto in questi due anni di Dad quando era sempre il primo a collegarsi, puntualissimo, con la telecamera sempre accesa.
Alla fine si parte, ci riusciamo. Gli intoppi arrivano, già il primo giorno della partenza. Qualcosa non ha funzionato nella macchina della comunicazione e il montacarichi per la sedia a rotelle manca. Per fortuna tutto si risolve, si trova un volo alternativo grazie alla collaborazione tra compagnia aerea e agenzia e Denis e il suo papà arrivano a destinazione.
Dimenticavo. Tutto questo è stato possibile grazie alla disponibilità del papà di Denis, Besìm, che lo ha accompagnato a Valencia. Besìm Balla è fuggito a 21 anni da Durazzo, in Albania, per cercare fortuna e lavoro in Italia. Un uomo pacato, discreto, equilibrato, che ha fatto tutto questo per il figlio. Un uomo che ha rinunciato al lavoro per dedicarsi alla cura di Denis, poiché in casa è la moglie a lavorare. Ogni tanto i ruoli si capovolgono. E abbiamo bisogno di vedere che i modelli si possono capovolgere, di vedere figure di padri dediti alla famiglia più che alla carriera, di credere che quello che è possibile agli altri, lo è per tutti. Perché uguaglianza non è vivere tutti nelle stesse condizioni, ma dare le stesse possibilità anche a chi parte da una situazione di svantaggio.
La storia di Denis ci insegna questo e ci impone una seria riflessione sulla nostra società. Progettare spazi cittadini e ambienti inclusivi per rendere a Tutte le persone i luoghi accessibili. Anche se questo luogo si trova dall’altra parte del mondo. Tutto è possibile, se si hanno la forza di volontà e il coraggio di Denis.
Si ringrazia il Dirigente Scolastico Daniele Sordoni che ha sostenuto il progetto fin dall’inizio e lo staff organizzativo, la dott.ssa Silvia Peverelli e la sig.ra Mariolina Buonomo dell’ufficio Amministrativo. Un ringraziamento speciale ai docenti accompagnatori e organizzatori: prof.ssa Elisabetta Paolozzi, Paola Via e il prof. Graziano Ligi.