Paolo Pizzi: “Ecco chi era Dino Maestri, anima della Pallacanestro Senigallia”
Paolo Pizzi: “Ecco chi era Dino Maestri, anima della Pallacanestro Senigallia”
di PAOLO PIZZI
SENIGALLIA – Quella che segue è la testimonianza che mi rilasciò nel 2014 l’amico Dino Maestri per il libro da me scritto con il professor Millozzi sullo sport senigalliese.
Mi sembra un dovere morale nei confronti di Dino riproporla oggi perché, a mio avviso, nella sua brevità rappresenta la sintesi di un manuale ideale di come dedicarsi concretamente allo sport nel senso più puro del termine e, allo stesso tempo, il suo testamento sportivo praticato in vita senza proclami, senza polemiche e in assoluta umiltà.
“A Roseto, il basket si può paragonare ad un fiore che germoglia in continuazione e il Torneo dell’Arena 4 Palme è la serra nella quale avviene la fioritura: quella cittadina abruzzese viene considerata una delle capitali della pallacanestro italiana.
In famiglia, Dino è stato il decimo figlio di Carlo Maestri, che ha vissuto con la famiglia in una casa cantoniera. A 18 anni Dino viene convocato in nazionale juniores e gioca con futuri campioni quali Paratore, Recalcati, Iellini, Ossola: quando arriva al raduno che si tiene a Chiavari viene presentato come pivot ma di fronte a giocatori più bravi accetta serenamente il ruolo di ala.
Questa ed altre importanti esperienze gli hanno consentito di entrare nella prima squadra di Roseto, con la quale ha giocato una partita a Cagliari difficile da dimenticare perché, seppure marcato da Vellucci, realizza 20 punti, premiati dagli applausi della Miss Italia del momento.
Purtroppo, ad un certo momento, la rottura del menisco comporta un’interruzione nella sua carriera.
Dino Maestri si porta a Milano per lavoro; entra nell’“esercito” dei pendolari di Busto Arsizio; nebbia e freddo, non gli confanno, gli manca il mare e quando l’azienda in cui lavora apre una sede nelle Marche, vicino a Senigallia, lui coglie l’occasione al volo per farvisi trasferire. Lavoro e mare vanno bene e, ora, Dino può pensare di nuovo alla pallacanestro; scova la palestra del Campo Boario dove conosce il futuro nerbo della società costituito da Fabio Polonara, Claudio e Luciano Paoletti, Maurizio Girolimetti, Maurizio Alessandroni, Mauro Marcellini, Salvatore Veltre, Francesco Biagiarelli e chiede di poter di poter giocare con loro: in poco tempo scoprono che è davvero bravo, in campo e fuori dal campo, benché ancora non si rendano conto che con il loro sì a Dino hanno aperto un autostrada per l’arrivo della pallacanestro vera a Senigallia.
Il ginocchio operato è però, a dir poco, dispettoso e non gli consente nemmeno di giocare nei campionati minori cosicché decide di lasciare il campo e di frequentare pure uno stage per allenatori a Urbino; poi siede in panchina, ma quello del coach non è il suo ruolo. Gli è più congeniale organizzare e dirigere la Società e in Biagiarelli e Marcellini individua i più idonei ad aiutarlo: li invita il campo e a diventare dirigenti facendo una scelta azzeccatissima, visto che “Biagio” si trova ancora lì, sempre lì nel suo ruolo dirigenziale.
La palestra del Campo Boario non è sufficiente per le necessità della costituita società di basket ma, all’Oratorio Sacro Cuore viene costruito un campo polivalente idoneo anche alla pallacanestro: una grande tribuna viene eretta con il materiale fornito gratuitamente dagli imprenditori Otello Montesi e dai fratelli Fabio e Italo Messersì.
L’impianto è valido e qui si ospitano le finali nazionali giovanili, tanti allenatori, per aggiornarsi frequentano i corsi tenuti da Recalcati e Scariolo.
Una marea di ragazzini si riversa nel campo dell’ex-oratorio, ora chiamato Arena delle Nazioni e presieduto dal professor Giuseppe Caramia, dove si forma una nuova generazione di giocatori e, tra questi, “Miro” Del Moro, Paolo Tranquilli, Moreno Cicetti, Paolo Santini, Andrea Garbin.
Dopo qualche anno, Senigallia ha il nuovo Palazzetto dello sport, quello di via Capanna, e la Federazione assegna alla società cestistica senigalliese l’organizzazione dei Campionati Europei Femminili. In città arrivano l’Unione Sovietica, la Romania, la Cecoslovacchia, la Svezia; tra le sovietiche giganteggia Uljana Semjonova, atleta dotata di un’altezza straordinaria, ben 213 cm; grazie alla sua presenza in squadra, l’Unione Sovietica primeggia in tutte le competizioni. Dino ha la responsabilità dell’organizzazione e, con la collaborazione dei rappresentanti del Comune, di tutti i tesserati e dei dirigenti della società, la manifestazione ha un grande successo: come premio la Federazione assegna a Senigallia l’anno successivo la partita tra la Nazionale Italiana femminile e quella Brasiliana. Intanto la pallacanestro si diffonde sempre più tra i giovani; arrivano anche giocatori “stranieri”, i pesaresi Fiscaletti e Silvestri.
I rapporti con la pallacanestro pesarese sono sempre proficui; a volte si creano situazioni incresciose che comporterebbero procedimenti disciplinari federali ma tutto si sistema quando Senigallia vince la partita finale dei play off con l’Urbino dove giocano i futuri biancorossi Rinolfi e Badioli.
Quell’incontro viene ritenuto da Maestri una tappa fondamentale per il basket senigalliese: quella sera Antonio Gallucci, già migliore realizzatore della serie B e acquistato dal Senigallia per diversi milioni di lire, gioca una delle migliori partite della sua vita; peraltro, grazie al suo grande attaccamento alla maglia, è relativamente più facile per Dino ingaggiare allenatori e nuovi giocatori ben lieti di giocare nella squadra senigalliese.
Dino ha un avversario nel proprio carattere perché non riesce ad essere convincente nelle richieste alle aziende per avere un aiuto economico, ma gli sponsor comunque arrivano dall’Ideal Form Team di Geli, all’Icem di Saverio Sborlini, dalla Pellegrini Hi-Fi, alla Sadori gas e alla Cooperativa Generale Costruzioni.
Soltanto per poco tempo la squadra rimane senza sponsor e, in quella circostanza, Maestri ha dovuto allestire una squadra i cui giocatori non prendono un soldo, e cedere Marco Paialunga, prodotto pregiatissimo del settore giovanile, all’Aurora Jesi: la squadra non ha buoni risultati agonistici ma il bilancio economico resta sano. Infine, dopo tanti anni lascia la presidenza attiva e viene nominato presidente onorario: ora ha più ore libere e domeniche a disposizione”. (Febbraio 2014).
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