L’avvocato-scrittore Marcello Marcellini al quinto lavoro letterario con “La quarta corona”
L’avvocato-scrittore Marcello Marcellini al quinto lavoro letterario con “La quarta corona”
di UMBERTO MARTINELLI
ARCEVIA – Sullo sfondo: i numeri. Alla base, la parola. L’avvocato-scrittore arceviese-anconetano-senigalliese Marcello Marcellini firma il quinto lavoro letterario con La quarta corona.
Il libro (edito da Affinità Elettive) segue Breviario Gallico (pubblicazione d’esordio, nel 2005), Il custode delle gesta, I Castori di Casa Galla, L’assassinio di Seneca. Ognuno su un tracciato indipendente dagli altri.
Quest’ultimo è introdotto da Renato Bertini (prefattore) e chiuso da Antonio Luccarini, postfattore ( “…ritengo difficile attribuire al testo una sicura parentela con un preciso e ben definito genere di operazione editoriale…”).
Quarta corona a quattro mani: le altre due sono (erano e rimarranno) di OSCAR PIATTELLA, nonagenario artista, scomparso alla vigilia della pubblicazione, dopo aver concertato con Marcello, divenutone amico, confidente ed erede valoriale, dopo averlo rintracciato, “ricevendo mirabili insegnamenti sull’arte e sulla vita in pochi mesi di autentiche scoperte e sorprese”.
Ne estrapoliamo sono alcune, per non intaccare il piacere (dovere) della lettura (un dono) sui saliscendi in cui “vengono a incrociarsi continuamente due resoconti biografici… finendo per dare ai nostri percorsi di vita il senso pieno dell’esistere”.
Tra i disegni e le illustrazionI di Oscar Piattella (che “viveva la pittura in maniera totale e quasi esasperata” in “quel muro sempre vuoto del suo studio… diventato spazio di verifica viscerale e vitale…”) ecco un colore amato.
“Il giallo deve essere un limone, sapere di limone, odore di limone, essenza di limone, succo di limone, succo di colore”.
Pensiero e azione.
“In principio era il verbo, e il verbo era Dio. Per tutta la vita ho difeso la parola come l’espressione più alta dell’umanità: ‘Ti do la mia parola’, ‘Parola mia’. Io sono la parola che mi dichiara.”
Luoghi.
“Io sono un pittore che vive in una casa alle pendici del Monte Catria, a Cantiano, attraversato dalla strada Flaminia. Intorno boschi ed acque scintillanti.”
Memoria.
“Ho ricordi lucenti e nitidi della mia primissima infanzia perché sono venuto al mondo e cresciuto in uno spazio ampio e pieno di meraviglie da scoprire e conquistare. E in paese non esistevano chiavi, le porte erano aperte….”
Folla.
“…moltitudine di bagnanti segnalati da automobili parcheggiate in ogni dove …poveracci!”
Senso estetico.
“…ci siamo domandati dove si sia nascosto il buon gusto…”
Aspirazioni.
“Vorrei tanto che si potesse dire di me e del mio lavoro che apparteniamo allo stesso destino che ha portato anche Licini ancora giovane lontano dalla congerie del mondo a riflettere…. su quel terrazzo…ad abbracciare quasi l’intero territorio delle Marche e dell’Abruzzo.”
Moto perpetuo.
“Il mio segreto è il lavoro. Nel lavoro la vita viene alimentata da altra vita.”
Partenza e arrivo. Genesi e Apocalisse.
“Il pittore non possiede l’inizio della pittura nel dipingere, così come non possiede l’inizio della sua vita nel nascere; e così è anche per la morte, e così è per ciascuno di noi.”
Giusto e sbagliato.
“Ma nella vita si fanno tanti errori, qualche volta inconsapevolmente, altre volte per presunzione.”
In sintesi: “…una straordinaria parabola artistica ed esistenziale, disegnata con precisione e rigore, con un linguaggio partecipe e commosso…”
QS – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.quisenigallia.it
Bellissimo commento che introduce un libro sicuramente interessante e meritevole di attenzione.