Con Gemmy Tarini gli albori della fotografia moderna
Con Gemmy Tarini gli albori della fotografia moderna
Una mostra al Palazzetto Baviera fino al 2 febbraio promossa da Regione Marche, Comune di Senigallia e Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi. Catalogo a cura del professor Enzo Carli
di ENZO CARLI
SENIGALLIA – Spesso il fotografo ritrae tutto quello che lo circonda, affetti persone storie cose, in funzione della sua coscienza critica, del suo bagaglio culturale, delle sue emozioni e delle sfide che questo media così apparentemente semplice ( eicordiamoci“You press the button, we do the rest”.
“Voi premete il bottone e noi facciamo il resto” George Eastman Kodak aprile 1880.Superate le originarie diffidenze legate alle caratteristiche tecniche (chimiche. fisico-ottiche oggi il percorso della fotografia è segnato dalla ricerca digitale bitmap (pixel) o vettoriali (tracciati e dal linguaggio post-script) fino all’ Intelligenza artificiale, AI.
Agli inizi degli anni 40 del secolo scorso fino alla fine dello stesso decennio la fotografia italiana ha attraversava un periodo particolarmente creativo culminato con il Manifesto della Bussola (1947 Milano con referente Giuseppe Cavalli) e con la costituzione del gruppo la Gondola-l’ècole de Venice (1948 Venezia con referente Paolo Monti ). Giuseppe Cavalli nell’estate del ‘39 si trasferisce per una serie di opportunità a Senigallia, nel sostenere la fotografia chiarista, a toni alti e nel formare giovani come Mario Giacomelli che approderanno all’universo mondiale della fotografia.
Nel 1943 merita attenzione il testo “Fotografia” FOTOGRAFIA, Prima Rassegna dell’attività fotografica In Italia, a cura di Ermanno Federico Scopinich con Alfredo Ornano e Albe Steiner, Gruppo Editoriale Domus. Nel testo sono stati scelti 114 Autori per una raccolta di immagini fotografiche(114 Autori) selezionate tra migliaia in tutt’Italia, testo che aprirà la strada alla ricerca fotografica italiana.
Per le Marche vengono proposti tre fotografi con unità d’intenti nella direzione di una moderna cultura fotografica: Giuseppe Cavalli, 1904-1961, nato a Lucera ma trasferitosi nel 1939 a Senigallia; Gemmy Tarini, 1894-1968, nato a Fermo ma trasferitosi bambino con la famiglia a Senigallia (non dimentichiamoci che Fermo con Luigi Crocenzi , Eriberto Guidi , Mario Dondero e altri )ha fornito preziosi contributi alla cultura fotografica italiana) e Mario Carafoli, 1902-1985, di Corinaldo.
Gemmy Tarini, sensibile ai mutamenti della fotografia, vicino alla corrente mittle-europea, intimistica e visionaria; Tarini è titolare di un qualificato ingrosso di materiale e apparecchiature fotografiche conosciuto in tutto il centro Italia, quindi in contatto con la nuova tecnologia e ricerche di settore. Cavalli e Tarini si frequentano, condividono work-shop sul ritratto, anche se fotograficamente sono su lunghezze d’onda diverse: Cavalli chiarista, calligrafo, crociano e Tarini esclusivo, soggettivo, neorealista, anche se dall’analisi di alcune fotografie scattate intorno agli anni 1939-’40 emerge che tra Cavalli e Tarini ci sono state coinvolgenti partecipazioni e decise complicità, al punto che è lecito domandarsi: “chi ha influenzato chi?”.
Senza nulla togliere al rigore della ricerca e alla creatività artistica di Giuseppe Cavalli e del suo storico impegno nel riscatto della fotografia artistica italiana, dall’analisi delle opere di Gemmy Tarini esposte al Palazzetto Baviera si individuano gli elementi che hanno caratterizzato l’attività fotografica di Tarini.
Il ruolo di Tarini non è solo quello apparente di animatore. Fotografo attento ma discreto, segue il dibattito italiano; collabora in piena autonomia con Cavalli di cui apprezza la ricerca sulla foto tonale pur insistendo sulla sua propensione emozionale, per una fotografia esistenziale e motivazionale, con riferimenti alla letteratura italiana ed europea.
Dispensa consigli e suggerisce collegamenti, sperimenta la nuova tecnologia, invita il giovane Ferruccio Ferroni a presentare le proprie fotografie a Cavalli, partecipa con fermezza e determinazione al dibattito culturale in corso, abbracciando tesi e proponendo fotografie intimistiche, di contemplazione, liriche d’amore sul creato, collegate al filone dell’interazionismo simbolico con riferimenti alla letteratura e alla musica, peraltro frutto dei suoi numerosi interessi. Il primo fotografo senigalliese che partecipa alla ricerca artistica della fotografia dagli anni ‘40 fino a tutto il primo decennio del dopoguerra. Con le sue “carte dense di luce” è da annoverare insieme a Cavalli, Ferroni, poi Giacomelli e altri senigalliesi per aver contribuito ad allargare la panoramica della cultura italiana fotografica.