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In attesa dei “sepolcri” pronti ad adornare i nostri tabernacoli

di MASSIMO BELLUCCI

CORINALDO – Oggi sembra una cosa strana, ma proprio per questo continua a dirci qualcosa, a suo modo, questa pianticella bianca così fragile.

All’inizio della quaresima si prende una manciata di semi di cicerchia, di favino, ma anche di grano, quello che c’è nel capanno. Si mette un po’ di terra in un vaso, si semina, poi si mette dentro una vecchia credenza, o in cantina coperto, al buio.

Il giovedì santo si tirano fuori queste piante, si portano in chiesa dopo una lunga camminata, bianche, come la luce che sta allungando le giornate. Una cultura contadina che maneggiava poco la scrittura, ma tanto i simboli. Oggi si maneggiano smartphone con dita frenetiche.

Ricordo pomeriggi particolari insieme ai bambini e agli anziani nelle recenti rievocazioni.

I “sepolcri”: chiamati così perché le pianticelle bianche il giovedì santo andavano solitamente ad adornare il tabernacolo con l’ostia consacrata, detto impropriamente sepolcro di Cristo.

Erano un esercizio di delicatezza, un rispetto della terra, un mistero che ha a che fare con la religione, ma anche con l’universo, le stelle chiare, ma circondate di buio, come queste pianticelle. Una cosa bella nella sua umiltà, lontano dai potenti che giocavano (e giocano ancora) con la guerra mondiale.

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