Paolo Landi: “Per la sicurezza del Misa è in atto una politica scriteriata”
di PAOLO LANDI*
SENIGALLIA – Il solo modo di garantire il più elevato grado di sicurezza per Senigallia dal rischio idraulico del Misa è l’azione sinergica che riduca e trattenga il più possibile l’afflusso dell’acqua da monte magari e meglio con bacini di accumulo stabili utili anche a contrastare eventuali periodi siccitosi piuttosto che con le vasche d’espansione che potranno però adattarsi e trasformarsi nella maggioranza dei casi anche in invasi di stoccaggio quali eccellenti regolatori dei picchi di piena. Contestualmente andrebbe incrementata al massimo livello la portata nel tratto urbano con interventi praticabili, utili e intelligenti ben diversi da quelli in programma con il sollevamento dei ponti.
Quest’ultimo obiettivo, frutto di scelte sbagliate, imposte e senza confronto e condivisioni, non avrà futuro, né potrà essere perseguito correttamente, sarà sconfessato dalla prossima alluvione, quando con i ponti rifatti e sollevati di 2 metri sopra le sponde si constaterà che la causa scatenante sarà dovuta unicamente dal sormonto della piena sugli argini, senza la minima interferenza con le nuove e irraggiungibili strutture di attraversamento e solo allora prevarrà unanime la consapevolezza di quale enorme massa di denaro sarà stata letteralmente sprecata per opere del tutto inutili e invasive. E se Senigallia, suo malgrado, sta ormai rassegnandosi alla realizzazione del nuovo ponte Garibaldi, quasi impossibile da fermare, deve almeno contrastare la successiva fase che vorrebbe come prossimo intervento il rifacimento di ponte Portone privo di problematiche tecniche ma che non può però lasciare dietro di se quello del corso, vera emergenza sulla sezione più critica in assoluto della città, patata bollente impossibile da gestire sottostando alle assurde interpretazione delle altrettanto assurde norme del decreto Del Rio, anche per il più fantasioso e blasonato dei progettisti; pertanto non ha senso immaginare qualsiasi altro intervento senza aver sciolto prima questo nodo come regolatore degli scenari successivi decidendo di accantonarlo e tenerlo sospeso per l’incapacità di sbrogliarlo. Di fatto, guardando la realtà, una soluzione alternativa alla ricostruzione di questo ponte non esiste e la sola possibilità è di demolirlo senza alcuna possibilità di sostituirlo con l’aggravio purtroppo della lacerazione del tessuto urbano e di uno sconvolgimento inaccettabile della mobilità a qualsiasi livello.
Dalla situazione generale se ne potrebbe uscire solo rassettando tutto e ripartendo da zero a cominciare dal progetto ANAS di ponte Garibaldi riportandolo sull’asse originale con l’intradosso appoggiato alle sponde qui più alte di due metri rispetto alle corrispondenti della sezione del corso che di fatto escluderebbero rischi garantendo anche il rispetto pratico del franco idraulico, senza rialzare nessun ponte ad eccezione di quello del corso, occasionalmente, con martinetti idraulici con la normativa che impedisce di sollevarli durante la piena ma che non si esprime in previsione di essa, tuttavia la carta vincente dovrebbe venire dal ripristino con l’escavo del tratto tra la foce e il lavatoio dove interno all’alveo esisteva il canale navigabile dell’antica fiera con proprie sponde sommerse probabilmente ancor oggi funzionali e da poter estendere fin dietro al centro commerciale Il Mulino con una sorta di traslazione uniforme verso il basso della quota del profilo di fondo. Ciò consentirebbe di incrementare la superficie di tutte le sezioni del Misa del tratto urbano con un conseguente raddoppio delle portate rispetto alle attuali escludendo la necessità di rialzare i ponti e restituendo così dignità e decoro al centro cittadino arricchendolo anche da una nuova incantevole via d’acqua navigabile per piccole imbarcazioni.
*Ingegnere
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